Alfa Romeo 156
Poco più di dieci anni, Alfa Romeo presentò la "156", una berlina elegante e sportiva nata da una grande tradizione, divenuta negli anni il simbolo della rinascita del marchio italiano.
Erede della "155" e nata dalla matita di Walter de Silva, è ancor oggi un modello affascinante per stile e prestazioni. La gamma si articolava inizialmente in sei versioni:quattro motori a benzina e due turbodiesel: la 1.6 T.Spark con motore da 120 CV; la 1.8 T.Spark (144 CV); la 2.0 T.Spark (155 CV) e la 2.5 V6 24V con propulsore da 190 CV abbinato ad un cambio a sei marce. Due le versioni a gasolio, entrambe equipaggiate con i nuovi propulsori ad iniezione diretta Unijet, sovralimentati con turbocompressore e completi di intercooler. Erano la 1.9 JTD di 105 CV con propulsore a 4 cilindri e la 2.4 JTD di 136 CV con motore a cinque cilindri.
Lunga 4,43 metri, larga 1,74 e alta 1,41, Alfa 156 era una tre volumi aggressiva e compatta: il passo era di 2595 millimetri (55 più dell'Alfa 155). La sua linea, pulita e affascinante, era segnata da alcuni tratti distintivi, particolari estetici unici che ne definivano la forte personalità e lo rendevano immediatamente riconoscibile. Lo scudetto, per esempio, era una presenza importante dalla quale, idealmente, sembrava svilupparsi l'intera vettura. Prima i due baffi laterali e le quattro piccole prese d'aria, poi il vetro unico dei gruppi ottici con i quattro fari rotondi inglobati, e più su la grande V del cofano. Il frontale si completava con le "spalle" larghe, i parafanghi, le ruote a filo, la grande bocca con i fendinebbia e la presa d'aria, i paracolpi integrati in un parafango divenuto quasi parte integrante della carrozzeria e la targa laterale. Linea molto personale anche nella vista di profilo. Innanzitutto per il "gomito" del finestrino dove è sistemata la maniglia della porta posteriore, e poi per la linea di fiancata, che insiste sulle ruote, ma al centro si appiattisce in una superficie pulita, dove è la maniglia della porta anteriore, messa in posizione di rilievo, a unire idealmente i due tratti marcati dei passaruote. A completare questa vista, la parte vetrata, che è abbastanza contenuta per far posto a fianchi alti, pronunciati e protettivi. Gradevole, e anch'essa con una forte impronta caratteristica, la parte posteriore. La coda di Alfa 156, infatti era compatta, leggermente declinante e rastremata. I gruppi ottici erano incastonati nella carrozzeria; il logo dell marchio si trovava in alto, su un baule dal taglio molto personale.
Una linea pulita, affascinante, nata da esigenze funzionali oltre che estetiche. Lo stile dell'Alfa156 rispondeva a precisi criteri di aerodinamica. Lo confermavano il Cx della vettura, che era di 0,31 e il Cx-S (coefficiente di penetrazione aerodinamica per sezione frontale della vettura) che era 0,639.
Il risultato è frutto dell'attenzione posta nel definire, per esempio, il profilo del parabrezza, che è inclinato di 62 gradi e si unisce ai montanti laterali e alla parte anteriore del padiglione senza soluzione di continuità.
Ad un corretto andamento dei flussi aerodinamici, contribuivano anche i vetri laterali quasi a filo della carrozzeria, il lunotto avvolgente, la coda rastremata sui fianchi e il perfetto raccordo tra tetto, lunotto e baule nella parte posteriore. La stessa cura è stata posta nel definire forma e posizione degli specchi retrovisori, eliminando così ogni tipo di fruscio durante la marcia. Furono affinate nella galleria del vento anche parti della vettura più "nascoste", che però giocano un ruolo importante nel comportamento aerodinamico dell'auto. E' il caso del riparo sottomotore e di quello del serbatoio della benzina per le versioni 1.8 e 2.0 T.Spark, o dell'intubamento del radiatore dell'acqua e dell'intercooler.
La plancia era costruito intorno al posto del guidatore, com'è naturale in una berlina dal forte carattere sportivo. Davanti agli occhi di quest'ultimo, tachimetro e contagiri erano due strumenti rotondi e separati, secondo un'impostazione di sapore classico. La leva del cambio è lì a portata di mano, alta e vicina al volante. La plancia, caratterizzata da forme avvolgenti aveva, al centro, la console dotata di tre strumenti minori, anch'essi rotondi e orientati verso il guidatore. Più in basso vi erano la radio integrata, i comandi per la climatizzazione e il posacenere. L'abitacolo di Alfa 156, molto lineare, nasceva da un'attenta progettazione dell'ergonomia, dell'acustica e della climatizzazione. Il volante era regolabile in altezza e profondità, così come era ovviamente regolabile in altezza, con un'escursione di 40 millimetri, il sedile di guida. La regolazione dello schienale era continua per consentire anche aggiustamenti minimi. Il confort acustico era stato curato limitando all'origine la rumorosità dei motori e minimizzando i fruscii aerodinamici.
L' Alfa 156 offriva dotazioni e allestimenti piuttosto completi già a partire dalle motorizzazioni di minor cilindrata (il 1.6 T. Spark a benzina e il 1.9 JTD). Su queste versioni, infatti, erano di serie:
- l'ABS e l'airbag per il guidatore;
- soluzioni che facilitano la vita a bordo come la chiusura centralizzata, l'apertura del baule e dello sportello del carburante dall'interno dell'abitacolo, gli alzacristalli elettrici anteriori a impulso, la regolazione dell'assetto dei fari, la regolazione elettrica degli specchietti retrovisori esterni, il check control, la plafoniera anteriore con spot di lettura, la regolazione su tre livelli dell'intensità dell'illuminazione del quadro portastrumenti e i poggiatesta posteriori anch'essi regolabili; pretensionatori elettronici delle cinture di sicurezza anteriori o gli appoggiatesta regolabili in altezza.
Le due versioni (1.6T.Spark e 1.9JTD) avevano cerchi da 15", completate da coppe con il marchio della Casa, pneumatici 185/65 HR 15 e cerchi da 6J x 15", paraurti nella tinta della vettura, mostrina della console centrale in color titanio, tappeto dell'abitacolo in velour, rivestimenti in tessuto e predisposizione per la radio (cablaggi) con antenna affogata nel lunotto. La versione 1.8 T. Spark si arricchiva con pneumatici 185/65 VR 15, specchi retrovisori esterni riscaldati e, all'interno, bracciolo posteriore con il vano per il passaggio degli sci, oltre che rivestimenti in tessuto a disegni diagonali.
Dotazioni ancora più ricche, infine, per le versioni più potenti: 2.0 T. Spark, 2.5 V6 24V e 2.4 JTD. Avevano rivestimenti in velluto, con una originale soluzione a coste verticali e il logo ricamato, il volante e il pomello della leva del cambio in legno, la mostrina del mobiletto centrale in "deep printing" con effetto mogano, il sedile di guida con regolazione del supporto lombare, i fendinebbia e il terminale di scarico con l'ultima parte in acciaio inox lucidato.
In più, l'Alfa 156 2.0 T.Spark era equipaggiata con pneumatici 205/60 VR15" con cerchi in lega 6,5 J x 15". Mentre l'Alfa 156 2.5 V6 24V disponeva anche di cambio a sei marce, climatizzatore automatico, alzacristalli elettrici posteriori, ruote in lega e pneumatici 205/60 WR 15.
- Optional
Un discorso a parte, meritavano gli optional del nuovo modello. Questi ultimi, oltre che singolarmente, erano anche raggruppati con coerenza in "pacchetti", ognuno dei quali conferiva all'Alfa 156 una caratterizzazione particolare: di auto sportiva, o in alternativa di berlina lussuosa, o ancora di vettura particolarmente adatta ai climi freddi.
Il "pack sport" comprendeva rivestimenti in tessuto Blitz, o - in alternativa - selleria in pelle Momo, oppure ancora sedili Recaro in tessuto Blitz; cerchi in lega da 16" con disegno originale e pneumatici 205/55; assetto ribassato; minigonne; volante e pomello in pelle; bracciolo posteriore con il vano per il passaggio degli sci; antenna GSM; fondo della strumentazione nero con grafica rossa; mostrina del mobiletto in "deep printing" con effetto carbonio. Gli optional raggruppati nel pacchetto "lusso" (destinati a 1.6 e 1.8 T.Spark e a 1.9 JTD) erano: sedili in velluto, volante e pomello della leva del cambio in mogano, bracciolo posteriore con il vano per il passaggio degli sci, climatizzatore e mostrina del mobiletto in "deep printing" con effetto mogano.
Facevano parte del "pack inverno", infine, i fendinebbia, i lavafari e i sedili riscaldati.
Molti di più, ovviamente, gli optional in listino che possono essere ordinati singolarmente. Tra questi vale la pena citare l'airbag laterale, il terzo appoggiatesta per il sedile posteriore con relativo arrotolatore della cintura, il caratteristico spoiler sportivo (che dà un ottimo contributo all'aerodinamica della vettura), la radio integrata con cavo per CD ed effetto di filtraggio per scegliere l'arrangiamento musicale e Radiophone, la radio con telefono GSM. Quest'ultima aveva una potenza di 4x35 Watt (quattro altoparlanti, uno dei quali a doppio cono) e la sua tastiera viene usata per comporre i numeri telefonici. L'apparecchio, infatti, era anche un telefono GSM dotato di carta SIM, che funziona inoltre come codice di sicurezza "key card".
Tre dei motori a benzina erano Twin Spark. Il 1.6 T. S 16V era equipaggiato con variatore di fase elettroidraulico. Il 1.8 T. Spark 16V, oltre al variatore di fase, adottava condotti di aspirazione a geometria variabile, per assicurare un'erogazione di potenza ottimale (già intorno ai 3.000 giri era disponibile il 90 per cento della potenza massima). Dispositivi ai quali il 2.0 T. Spark 16V aggiunge due alberi controrotanti che gli assicuravano la silenziosità e l'assenza di vibrazioni tipiche di un motore a 6 cilindri. Al vertice della gamma vi era il 2.5 a sei cilindri e 24 valvole, primo motore a benzina dell'Alfa Romeo che adottava la gestione elettronica del corpo farfallato. Si tratta di una soluzione tecnica che consentiva di ottenere un'erogazione di potenza piena e senza incertezze a tutti i regimi di rotazione.Il propulsore, tra l'altro, era accoppiato ad un cambio a sei marce con sesta di potenza.
- Motori diesel
I propulsori turbodiesel di Alfa 156, poi, rappresentavano una grande novità . Con loro, infatti, venne applicato per la prima volta su vetture di serie il rivoluzionario sistema a iniezione diretta Unijet, frutto della ricerca Fiat e industrializzato dalla Robert Bosch. In questi motori la pressione di iniezione non dipendeva dal numero di giri del propulsore, ma era gestita in modo indipendente da un sistema di controllo elettronico. Il ciclo di iniezione prevedeva una preaccensione grazie ad una brevissima iniezione-pilota di gasolio. In questo modo il funzionamento era più regolare, diminuivano il consumo e le emissioni, aumentava la silenziosità.
Il motore quattro cilindri 1.9 JTD (la sigla sta per turbodiesel Unijet) sviluppava 105 CV e una coppia di 26 kgm a 2000 giri/min, mentre il cinque cilindri 2.4 JTD erogava 136 CV di potenza e 31 kgm di coppia sempre a 2000 giri/min.
Vettura molto interessante per tenuta di strada, maneggevolezza e guidabilità, Alfa 156 doveva gran parte del suo equilibrato comportamento su strada alla geometria delle sospensioni. Quella anteriore adottava un sistema a quadrilatero, che univa la grande stabilità, tipica della trazione anteriore, ad un'elevata precisione di guida. Con questo sistema, infatti, la cinematica della ruota garantisce sempre la massima impronta a terra del pneumatico, indipendentemente dai movimenti della scocca e delle sospensioni, e quindi la massima aderenza in curva, in trazione e in frenata. La sospensione posteriore era di tipo McPherson a ruote indipendenti, con una cinematica della ruota capace di adattarsi armonicamente alle prestazioni della sospensione anteriore per garantire stabilità alle alte velocità e agilità e prontezza sui percorsi misti. Adottava, tra l'altro, una innovativa e tecnologica traversa in alluminio.
La taratura (flessibilità e smorzamenti) delle sospensioni di Alfa 156, infine, permettevano alla vettura di fornire una risposta eccellente anche nell'assorbimento degli ostacoli del fondo stradale. Risultati di rilievo , dovuti anche ad una rigidezza torsionale elevata: 110.000 kgm/rad.
Per tutte le versioni l'impianto frenante era di tipo idraulico servoassistito, completo di ABS con sensori attivi e ripartitore elettronico EBD. I dischi anteriori avevano un diametro di 284 (autoventilanti) o di 281 mm (1.6 e 1.8 T.Spark; 1.9 JTD), quelli posteriori di 251 mm. Lanciata a 100 km/h Alfa 156 si arrestava in 39 metri.
Lo sterzo era molto preciso alle alte velocità per una guida sportiva e leggero nelle fasi di parcheggio o alle basse velocità, in modo da assicurare manovre confortevoli. Risultato reso possibile da un rapporto molto diretto: poco più di 2 giri di volante per la sterzata completa. Alfa 156 adottava diversi tipi di cambio. Uno era destinato ai Twin Spark e uno alle motorizzazioni diesel. Da quest'ultimo derivava il cambio a sei marce, con sesta di potenza, riservato al 2.5 V6 24V a benzina. Sempre sulle versioni a benzina quattro cilindri, inoltre, era stata introdotta la frizione a comando idraulico coassiale che garantiva buoni rendimenti, un carico limitato al pedale e grande affidabilità nel tempo.
Dal 1999 Alfa Romeo propose la 156 "2.0 Selespeed", dotata di cambio meccanico a 5 rapporti non particolarmente veloce ma interessante dal punto di vista tecnico con innesto delle marce e comando della frizione robotizzati. Era azionabile, a scelta, con il comando sul volante a due pulsanti, o con quello sequenziale di tipo "joystick" collocato sul tunnel centrale.
Il Selespeed garantiva dolcezza di cambiata e progressività della coppia alle ruote e, grazie alla modalità "city", si trasformava all'occorrenza in un rilassante cambio "automatico", ideale per il traffico cittadino.
Dal punto di vista tecnico, un cambio marcia tradizionale avviene in tre fasi: la prima, nella quale la frizione si apre togliendo gradualmente coppia alle ruote; la seconda (di coppia nulla) in cui il guidatore seleziona e innesta la marcia; la terza, durante la quale la frizione si chiude per trasmettere di nuovo potenza alle ruote (ridà coppia) e il motore incomincia a salire di giri.
Il cambio Selespeed attuava queste manovre in modo del tutto automatico. Per cambiare marcia non c'era bisogno di rilasciare il pedale dell'acceleratore e di premere la frizione: era la centralina elettronica che controllava il cambio a chiedere di aprire la frizione, ridurre la coppia indipendentemente da quanto l'acceleratore venisse premuto, selezionare e innestare le marce.
Di fatto, dunque, il Selespeed era un cambio manuale "robotizzato". La scelta della marcia da inserire, infatti, spettava al guidatore, ma tre attuatori si sostituivano alle azioni che egli avrebbe diovuto compiere per cambiare marcia in modo tradizionale: uno comandava la frizione, l'altro l'innesto e il terzo la selezione delle marce.
Un quarto attuatore era legato alla farfalla elettronica del motore. Era il dispositivo che consentiva di gestire la coppia motrice in modo flessibile sulla base delle richieste effettuate dal controllo del cambio. Durante la fase di cambio marcia, infatti, era il Selespeed ad avere "autorità" sul motore: quest'ultimo, perciò, doveva essere nelle condizioni migliori per rispondere con la massima prontezza.
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Poco più di dieci anni, Alfa Romeo presentò la "156", una berlina elegante e sportiva nata da una grande tradizione, divenuta negli anni il simbolo della rinascita del marchio italiano.
Erede della "155" e nata dalla matita di Walter de Silva, è ancor oggi un modello affascinante per stile e prestazioni. La gamma si articolava inizialmente in sei versioni:quattro motori a benzina e due turbodiesel: la 1.6 T.Spark con motore da 120 CV; la 1.8 T.Spark (144 CV); la 2.0 T.Spark (155 CV) e la 2.5 V6 24V con propulsore da 190 CV abbinato ad un cambio a sei marce. Due le versioni a gasolio, entrambe equipaggiate con i nuovi propulsori ad iniezione diretta Unijet, sovralimentati con turbocompressore e completi di intercooler. Erano la 1.9 JTD di 105 CV con propulsore a 4 cilindri e la 2.4 JTD di 136 CV con motore a cinque cilindri.
Lunga 4,43 metri, larga 1,74 e alta 1,41, Alfa 156 era una tre volumi aggressiva e compatta: il passo era di 2595 millimetri (55 più dell'Alfa 155). La sua linea, pulita e affascinante, era segnata da alcuni tratti distintivi, particolari estetici unici che ne definivano la forte personalità e lo rendevano immediatamente riconoscibile. Lo scudetto, per esempio, era una presenza importante dalla quale, idealmente, sembrava svilupparsi l'intera vettura. Prima i due baffi laterali e le quattro piccole prese d'aria, poi il vetro unico dei gruppi ottici con i quattro fari rotondi inglobati, e più su la grande V del cofano. Il frontale si completava con le "spalle" larghe, i parafanghi, le ruote a filo, la grande bocca con i fendinebbia e la presa d'aria, i paracolpi integrati in un parafango divenuto quasi parte integrante della carrozzeria e la targa laterale. Linea molto personale anche nella vista di profilo. Innanzitutto per il "gomito" del finestrino dove è sistemata la maniglia della porta posteriore, e poi per la linea di fiancata, che insiste sulle ruote, ma al centro si appiattisce in una superficie pulita, dove è la maniglia della porta anteriore, messa in posizione di rilievo, a unire idealmente i due tratti marcati dei passaruote. A completare questa vista, la parte vetrata, che è abbastanza contenuta per far posto a fianchi alti, pronunciati e protettivi. Gradevole, e anch'essa con una forte impronta caratteristica, la parte posteriore. La coda di Alfa 156, infatti era compatta, leggermente declinante e rastremata. I gruppi ottici erano incastonati nella carrozzeria; il logo dell marchio si trovava in alto, su un baule dal taglio molto personale.
Una linea pulita, affascinante, nata da esigenze funzionali oltre che estetiche. Lo stile dell'Alfa156 rispondeva a precisi criteri di aerodinamica. Lo confermavano il Cx della vettura, che era di 0,31 e il Cx-S (coefficiente di penetrazione aerodinamica per sezione frontale della vettura) che era 0,639.
Il risultato è frutto dell'attenzione posta nel definire, per esempio, il profilo del parabrezza, che è inclinato di 62 gradi e si unisce ai montanti laterali e alla parte anteriore del padiglione senza soluzione di continuità.
Ad un corretto andamento dei flussi aerodinamici, contribuivano anche i vetri laterali quasi a filo della carrozzeria, il lunotto avvolgente, la coda rastremata sui fianchi e il perfetto raccordo tra tetto, lunotto e baule nella parte posteriore. La stessa cura è stata posta nel definire forma e posizione degli specchi retrovisori, eliminando così ogni tipo di fruscio durante la marcia. Furono affinate nella galleria del vento anche parti della vettura più "nascoste", che però giocano un ruolo importante nel comportamento aerodinamico dell'auto. E' il caso del riparo sottomotore e di quello del serbatoio della benzina per le versioni 1.8 e 2.0 T.Spark, o dell'intubamento del radiatore dell'acqua e dell'intercooler.
La plancia era costruito intorno al posto del guidatore, com'è naturale in una berlina dal forte carattere sportivo. Davanti agli occhi di quest'ultimo, tachimetro e contagiri erano due strumenti rotondi e separati, secondo un'impostazione di sapore classico. La leva del cambio è lì a portata di mano, alta e vicina al volante. La plancia, caratterizzata da forme avvolgenti aveva, al centro, la console dotata di tre strumenti minori, anch'essi rotondi e orientati verso il guidatore. Più in basso vi erano la radio integrata, i comandi per la climatizzazione e il posacenere. L'abitacolo di Alfa 156, molto lineare, nasceva da un'attenta progettazione dell'ergonomia, dell'acustica e della climatizzazione. Il volante era regolabile in altezza e profondità, così come era ovviamente regolabile in altezza, con un'escursione di 40 millimetri, il sedile di guida. La regolazione dello schienale era continua per consentire anche aggiustamenti minimi. Il confort acustico era stato curato limitando all'origine la rumorosità dei motori e minimizzando i fruscii aerodinamici.
L' Alfa 156 offriva dotazioni e allestimenti piuttosto completi già a partire dalle motorizzazioni di minor cilindrata (il 1.6 T. Spark a benzina e il 1.9 JTD). Su queste versioni, infatti, erano di serie:
- l'ABS e l'airbag per il guidatore;
- soluzioni che facilitano la vita a bordo come la chiusura centralizzata, l'apertura del baule e dello sportello del carburante dall'interno dell'abitacolo, gli alzacristalli elettrici anteriori a impulso, la regolazione dell'assetto dei fari, la regolazione elettrica degli specchietti retrovisori esterni, il check control, la plafoniera anteriore con spot di lettura, la regolazione su tre livelli dell'intensità dell'illuminazione del quadro portastrumenti e i poggiatesta posteriori anch'essi regolabili; pretensionatori elettronici delle cinture di sicurezza anteriori o gli appoggiatesta regolabili in altezza.
Le due versioni (1.6T.Spark e 1.9JTD) avevano cerchi da 15", completate da coppe con il marchio della Casa, pneumatici 185/65 HR 15 e cerchi da 6J x 15", paraurti nella tinta della vettura, mostrina della console centrale in color titanio, tappeto dell'abitacolo in velour, rivestimenti in tessuto e predisposizione per la radio (cablaggi) con antenna affogata nel lunotto. La versione 1.8 T. Spark si arricchiva con pneumatici 185/65 VR 15, specchi retrovisori esterni riscaldati e, all'interno, bracciolo posteriore con il vano per il passaggio degli sci, oltre che rivestimenti in tessuto a disegni diagonali.
Dotazioni ancora più ricche, infine, per le versioni più potenti: 2.0 T. Spark, 2.5 V6 24V e 2.4 JTD. Avevano rivestimenti in velluto, con una originale soluzione a coste verticali e il logo ricamato, il volante e il pomello della leva del cambio in legno, la mostrina del mobiletto centrale in "deep printing" con effetto mogano, il sedile di guida con regolazione del supporto lombare, i fendinebbia e il terminale di scarico con l'ultima parte in acciaio inox lucidato.
In più, l'Alfa 156 2.0 T.Spark era equipaggiata con pneumatici 205/60 VR15" con cerchi in lega 6,5 J x 15". Mentre l'Alfa 156 2.5 V6 24V disponeva anche di cambio a sei marce, climatizzatore automatico, alzacristalli elettrici posteriori, ruote in lega e pneumatici 205/60 WR 15.
- Optional
Un discorso a parte, meritavano gli optional del nuovo modello. Questi ultimi, oltre che singolarmente, erano anche raggruppati con coerenza in "pacchetti", ognuno dei quali conferiva all'Alfa 156 una caratterizzazione particolare: di auto sportiva, o in alternativa di berlina lussuosa, o ancora di vettura particolarmente adatta ai climi freddi.
Il "pack sport" comprendeva rivestimenti in tessuto Blitz, o - in alternativa - selleria in pelle Momo, oppure ancora sedili Recaro in tessuto Blitz; cerchi in lega da 16" con disegno originale e pneumatici 205/55; assetto ribassato; minigonne; volante e pomello in pelle; bracciolo posteriore con il vano per il passaggio degli sci; antenna GSM; fondo della strumentazione nero con grafica rossa; mostrina del mobiletto in "deep printing" con effetto carbonio. Gli optional raggruppati nel pacchetto "lusso" (destinati a 1.6 e 1.8 T.Spark e a 1.9 JTD) erano: sedili in velluto, volante e pomello della leva del cambio in mogano, bracciolo posteriore con il vano per il passaggio degli sci, climatizzatore e mostrina del mobiletto in "deep printing" con effetto mogano.
Facevano parte del "pack inverno", infine, i fendinebbia, i lavafari e i sedili riscaldati.
Molti di più, ovviamente, gli optional in listino che possono essere ordinati singolarmente. Tra questi vale la pena citare l'airbag laterale, il terzo appoggiatesta per il sedile posteriore con relativo arrotolatore della cintura, il caratteristico spoiler sportivo (che dà un ottimo contributo all'aerodinamica della vettura), la radio integrata con cavo per CD ed effetto di filtraggio per scegliere l'arrangiamento musicale e Radiophone, la radio con telefono GSM. Quest'ultima aveva una potenza di 4x35 Watt (quattro altoparlanti, uno dei quali a doppio cono) e la sua tastiera viene usata per comporre i numeri telefonici. L'apparecchio, infatti, era anche un telefono GSM dotato di carta SIM, che funziona inoltre come codice di sicurezza "key card".
Tre dei motori a benzina erano Twin Spark. Il 1.6 T. S 16V era equipaggiato con variatore di fase elettroidraulico. Il 1.8 T. Spark 16V, oltre al variatore di fase, adottava condotti di aspirazione a geometria variabile, per assicurare un'erogazione di potenza ottimale (già intorno ai 3.000 giri era disponibile il 90 per cento della potenza massima). Dispositivi ai quali il 2.0 T. Spark 16V aggiunge due alberi controrotanti che gli assicuravano la silenziosità e l'assenza di vibrazioni tipiche di un motore a 6 cilindri. Al vertice della gamma vi era il 2.5 a sei cilindri e 24 valvole, primo motore a benzina dell'Alfa Romeo che adottava la gestione elettronica del corpo farfallato. Si tratta di una soluzione tecnica che consentiva di ottenere un'erogazione di potenza piena e senza incertezze a tutti i regimi di rotazione.Il propulsore, tra l'altro, era accoppiato ad un cambio a sei marce con sesta di potenza.
- Motori diesel
I propulsori turbodiesel di Alfa 156, poi, rappresentavano una grande novità . Con loro, infatti, venne applicato per la prima volta su vetture di serie il rivoluzionario sistema a iniezione diretta Unijet, frutto della ricerca Fiat e industrializzato dalla Robert Bosch. In questi motori la pressione di iniezione non dipendeva dal numero di giri del propulsore, ma era gestita in modo indipendente da un sistema di controllo elettronico. Il ciclo di iniezione prevedeva una preaccensione grazie ad una brevissima iniezione-pilota di gasolio. In questo modo il funzionamento era più regolare, diminuivano il consumo e le emissioni, aumentava la silenziosità.
Il motore quattro cilindri 1.9 JTD (la sigla sta per turbodiesel Unijet) sviluppava 105 CV e una coppia di 26 kgm a 2000 giri/min, mentre il cinque cilindri 2.4 JTD erogava 136 CV di potenza e 31 kgm di coppia sempre a 2000 giri/min.
Vettura molto interessante per tenuta di strada, maneggevolezza e guidabilità, Alfa 156 doveva gran parte del suo equilibrato comportamento su strada alla geometria delle sospensioni. Quella anteriore adottava un sistema a quadrilatero, che univa la grande stabilità, tipica della trazione anteriore, ad un'elevata precisione di guida. Con questo sistema, infatti, la cinematica della ruota garantisce sempre la massima impronta a terra del pneumatico, indipendentemente dai movimenti della scocca e delle sospensioni, e quindi la massima aderenza in curva, in trazione e in frenata. La sospensione posteriore era di tipo McPherson a ruote indipendenti, con una cinematica della ruota capace di adattarsi armonicamente alle prestazioni della sospensione anteriore per garantire stabilità alle alte velocità e agilità e prontezza sui percorsi misti. Adottava, tra l'altro, una innovativa e tecnologica traversa in alluminio.
La taratura (flessibilità e smorzamenti) delle sospensioni di Alfa 156, infine, permettevano alla vettura di fornire una risposta eccellente anche nell'assorbimento degli ostacoli del fondo stradale. Risultati di rilievo , dovuti anche ad una rigidezza torsionale elevata: 110.000 kgm/rad.
Per tutte le versioni l'impianto frenante era di tipo idraulico servoassistito, completo di ABS con sensori attivi e ripartitore elettronico EBD. I dischi anteriori avevano un diametro di 284 (autoventilanti) o di 281 mm (1.6 e 1.8 T.Spark; 1.9 JTD), quelli posteriori di 251 mm. Lanciata a 100 km/h Alfa 156 si arrestava in 39 metri.
Lo sterzo era molto preciso alle alte velocità per una guida sportiva e leggero nelle fasi di parcheggio o alle basse velocità, in modo da assicurare manovre confortevoli. Risultato reso possibile da un rapporto molto diretto: poco più di 2 giri di volante per la sterzata completa. Alfa 156 adottava diversi tipi di cambio. Uno era destinato ai Twin Spark e uno alle motorizzazioni diesel. Da quest'ultimo derivava il cambio a sei marce, con sesta di potenza, riservato al 2.5 V6 24V a benzina. Sempre sulle versioni a benzina quattro cilindri, inoltre, era stata introdotta la frizione a comando idraulico coassiale che garantiva buoni rendimenti, un carico limitato al pedale e grande affidabilità nel tempo.
Dal 1999 Alfa Romeo propose la 156 "2.0 Selespeed", dotata di cambio meccanico a 5 rapporti non particolarmente veloce ma interessante dal punto di vista tecnico con innesto delle marce e comando della frizione robotizzati. Era azionabile, a scelta, con il comando sul volante a due pulsanti, o con quello sequenziale di tipo "joystick" collocato sul tunnel centrale.
Il Selespeed garantiva dolcezza di cambiata e progressività della coppia alle ruote e, grazie alla modalità "city", si trasformava all'occorrenza in un rilassante cambio "automatico", ideale per il traffico cittadino.
Dal punto di vista tecnico, un cambio marcia tradizionale avviene in tre fasi: la prima, nella quale la frizione si apre togliendo gradualmente coppia alle ruote; la seconda (di coppia nulla) in cui il guidatore seleziona e innesta la marcia; la terza, durante la quale la frizione si chiude per trasmettere di nuovo potenza alle ruote (ridà coppia) e il motore incomincia a salire di giri.
Il cambio Selespeed attuava queste manovre in modo del tutto automatico. Per cambiare marcia non c'era bisogno di rilasciare il pedale dell'acceleratore e di premere la frizione: era la centralina elettronica che controllava il cambio a chiedere di aprire la frizione, ridurre la coppia indipendentemente da quanto l'acceleratore venisse premuto, selezionare e innestare le marce.
Di fatto, dunque, il Selespeed era un cambio manuale "robotizzato". La scelta della marcia da inserire, infatti, spettava al guidatore, ma tre attuatori si sostituivano alle azioni che egli avrebbe diovuto compiere per cambiare marcia in modo tradizionale: uno comandava la frizione, l'altro l'innesto e il terzo la selezione delle marce.
Un quarto attuatore era legato alla farfalla elettronica del motore. Era il dispositivo che consentiva di gestire la coppia motrice in modo flessibile sulla base delle richieste effettuate dal controllo del cambio. Durante la fase di cambio marcia, infatti, era il Selespeed ad avere "autorità" sul motore: quest'ultimo, perciò, doveva essere nelle condizioni migliori per rispondere con la massima prontezza.
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