Su un altro forum automobilistico ho trovato un testo che potrebbe chiarire le idee a molti:
Esistono principalmente 4 categorie di addittivi anti-attrito con molecole solide:
1 - A base di fullerene (C60)
2 - A base di PTFE
3 - A base di disolfuro di molibdeno e grafite
4 - A base di "ceramica liquida" (inesistente!!!)
1- Il fullerene è una molecola complessa ottenuta mediante particolari bombardamenti di atomi di carbonio, che si uniscono tra loro formando un reticolo simile a quello della cucitura di un pallone da calcio. Le molecole di fullerene, nelle applicazioni motoristiche, vengono diluite all'interno di un veicolante e si comportano come un cuscinetto tra le parerti metalliche in contatto, trasformando così l'attrito radente (attrito tra due superfici che strisciano una sull'altra) in attrito volvente (attrito che si genera tra corpi che rotolano tra loro senza strisciare: esempio, i cuscinetti a sfera). Che si tratti di un prodotto in grado di ridurre attrito e usura ed innocuo per il motore è testimoniato dal fatto che grandi aziende petrolifere (tra le quali possiamo citare la Bardhal) lo hanno scelto per additivare i loro migliori oli lubrificanti, in grado così di ridurre il consumo di carburante. Il fullerene, poi, non crea alcun tipo di danno al motore, neanche nel lungo periodo.
2- Il PTFE è l'abbreviazione di politetrafluoroetilene, meglio conosciuto come teflon. E' un polimero dotato di eccellenti caratteristiche antiattrito, inerte e praticamente stabile. Resiste fino ad una temperatura massima di 350 °C. Il diametro delle particelle di teflon utilizzate negli additivi di migliore qualità è compreso tra gli 0,02 ed i 2 micron (1 micron equivale alla millesima parte del millimetro) e ciò rende impossibile l'ostruzione del filtro olio o dei vari canali di lubrificazione. Particelle di dimensioni così contenute possono essere ottenute soltanto bombardando il teflon con raggi gamma, tralasciando ogni altra forma di lavorazione. Al fine di garantire uno sfruttamento ottimale del potere lubrificante delle resine fluorocarboniche, è essenziale che il veicolante in cui sono disciolte garantisca sempre ottimi livelli di dispersione e sospensione delle particelle, per evitare la formazione di coaguli potenzialmente in grado di ostruire il filtro dell'olio e le canalizzazioni minori. Un cattivo impiego di questo prodotto (additivi con veicolanti non efficaci, uso di particelle di dimensioni eccessive) ha fatto sì che la DuPont, proprietaria del marchio e del brevetto della molecola del teflon, ne sconsigliò l'impiego nella lubrificazione dei motori in una lettera del 1984, più per sollevarsi da responsabilità generate da usi impropri e da prodotti scadenti che dalla reale pericolosità per i propulsori del loro prodotto, il quale viene ormai utilizzato da tanti anni anche in Italia. La DuPont è anche proprietaria della Krytox, azienda (specializzata nella produzione di lubrificanti) che non annovera tra i suoi prodotti additivi olio motore a base di teflon.
3 - La grafite e il disolfuro di molibdeno sono largamente impiegati nelle formulazioni di grassi per uso industriale proprio per le loro eccellenti caratteristiche antiattrito-antiusura, per la stabilità chimica (sebbene la stabilità della grafite sia nettamente superiore a quella del disolfuro di molibdeno) e per la resistenza alle alte temperature (anche in questo caso la grafite ha caratteristiche superiori a quelle del disolfuro di molibdeno). Le particelle di disolfuro di molibdeno e grafite hanno una conformazione lamellare, la cui tendenza alla sovrapposizione garantisce un velo lubrificante estremamente resistente ai carichi ed alle elevate temperature. Come per il teflon (PTFE), anche per la grafite e per il disolfuro di molibdeno è necessario poter utilizzare un veicolante in grado di fornire ottime caratteristiche di dispersione e sospensione, oltre che detergenti, al fine di evitare la formazione di morchie, vero punto debole di questi composti. Utilizzando questi additivi, tecnicamente molto validi, è necessario sostituire l'olio ed il filtro olio con regolarità, ripetendo sempre il trattamento.
4 - Quando si parla di ceramica liquida nel motore, ci sono da fare alcune considerazioni.
La ceramica è fondamentalmente terra cotta, ovvero silicio, lo stesso materiale usato per realizzare smerigli di ogni tipo, in grado di consumare metalli con facilità: c'è qualcosa che effettivamente non torna...
Quanti di voi metterebbero una manciata di terra nel loro motore? Visto che la ceramica è liquida soltanto a temperature ben superiori a quelle di funzionamento di un motore e che microparticelle solide di ceramica potrebbero danneggiare seriamente il propulsore stesso per via della loro funzione abrasiva, c'è da chiedersi cosa ci sia realmente negli additivi a base di "ceramica liquida".
Probabilmente, molti additivi sono stati definiti "ceramici" (denominazione utilizzata in pochissimi paesi al mondo) per questioni commerciali o per altre ragioni, ma sicuramente non perché contengono realmente ceramica, almeno così come la intendiamo noi.
Con molta probabilità, si tratta di additivi contenenti polimeri simili al PTFE, come ad esempio il tetrafluorietilene (polimero derivato dal PTFE), e composti dello zinco. I riporti ceramici che fecero il loro ingresso, nella Formula 1 dei motori turbo da 1.000 cv/litro, sui pistoni e sulle teste (per isolare la camera di scoppio, aumentare l'adiabaticità del motore e isolare dal calore determinate zone della testa o del pistone), non hanno nulla a che fare con questa pseudo-ceramica: quei riporti vengono effettuati con particolari vernici, cotte poi in forno ad altissime temperatura; non vengono miscelati al lubrificante.
Comunque, a prescindere da questi dubbi sulla loro formulazione, c'è da dire che alcuni additivi "ceramici" funzionano molto bene, soprattutto su motori usurati.