Motore a 4 cilindri in linea di 1997,4 cm
³, alimentato da due carburatori tipo Weber e della potenza di 138 hp, che consente una velocità massima di 220 Km/h. Il cambio è a cinque rapporti con ponte De Dion, mentre la carrozzeria è in alluminio, ancorata a un telaio in tubi d'acciaio a sezione circolare.
Solo quattro esemplari costruiti...
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Inizialmente la vettura fu studiata per la produzione di grande serie, ma le fu preferita la meno impegnativa e costosa "Giulietta Sprint", più adatta come prodotto di massa.
Della "Sportiva", la Bertone realizzò solo quattro esemplari, due in allestimento coupé e due in allestimento spider. Un esemplare coupé è conservato nel Museo storico Alfa Romeo di Arese..
Ed ecco la 2000 Sportiva Spider del 1954
Giuseppe Busso
Diplomato perito industriale, dopo il servizio militare entrò in FIAT, in qualità di calcolatore all'ufficio tecnico motori aviazioni, nel 1937. Successivamente passò all'ufficio tecnico automotrici ferroviarie sperimentali.
Nel 1939 passò all'Alfa Romeo per lasciarla nel 1946, dove ritornò definitivamente nel 1948 dopo il periodo di due anni alla Ferrari.
Carlo Chiti e Giuseppe Busso
In Alfa Busso si dedicò allo sviluppo della meccanica di tutti i modelli che avrebbero fatto la storia contemporanea dell'Alfa Romeo, ma più di tutti un motore, tanto da essere soprannominato e poi chiamato "
V6 Busso". Tale motore rivisto ed aggiornato in varie versioni, venne utilizzato per più di 25 anni, anche per equipaggiare le versioni più potenti dell'Alfa. Dall'Alfetta GTV6, l'Alfa 6, la 75, 164, 155, della Fiat Croma, della Lancia Thema, della Lancia K e delle Alfa 147, 156, 166, GTV e Lancia Thesis.
La soluzione di disporre i cilindri a V di 60° consente di ottenere un motore più corto di un 6 cilindri in linea, che al contempo lo rende compatto e ben equilibrato. L'albero a gomiti poggiava su quattro supporti.
Ecco cosa ricorda di quel periodo il progettista del motore:
«"Il V6 nacque per sostituire i 2.600 6 cilindri in linea (che tra l'altro aveva evidenziato problemi torsionali che ne pregiudicavano l'incremento prestazionale) e doveva essere più compatto del V8 con una cilindrata superiore ai 2 litri. Verificammo certe nostre ipotesi con un 4 cil. sperimentale che girò a Parigi in un centro di sviluppo della Bosch, che mise l'Alfa Romeo in condizione di compiere i primi esperimenti con l'iniezione elettronica. La distribuzione avveniva tramite un albero a camme in testa azionato da una cinghia posteriore che comandava direttamente le valvole di aspirazione e, attraverso una piccola punteria e un bicchierino, quelle di scarico. I positivi riscontri ci incoraggiarono a derivare da quello schema un 6 cilindri a V di 60° con cilindrata di 2.5 - 3 litri, che iniziò a "girare" al banco verso la fine del 1968".»