infatti di pragmatico non c'è nulla in una politica che impone ai costruttori un prodotto che i consumatori non vogliono e vieta la costruzione del prodotto che il mercato assorbirebbe, anche a costo di chiusura delle fabbriche, aumento della disoccupazione e conseguenti tensioni sociali. C'è solo dell'insensatezza che è talmente evidente che non si spiega solo con l'incapacità dei politici, ma con il fatto che qualcuno (o più di qualcuno) abbia fini specifici che con il green c'entrano come i cavoli a merenda (e in altri post ho anche esposto la mia idea a proposito).
Il problema non è tanto quello di reinterpretare un mercato, che è un po' quello che i produttori hanno sempre fatto di fronte ai cambiamenti, il problema è reinterpretare un mercato non libero e colpito da norme volte a distorcerlo pesantemente rispetto alla sua evoluzione naturale che è sempre stata determinata dall'incontro della domanda e dell'offerta. E qui sì che viene il difficile: le case devono seguire le norme per non essere portate al fallimento dalle sanzioni? Ma così facendo devono produrre beni che il consumatore non vuole e quindi sempre al fallimento si arriva. Perciò la "reinterpretazione" del mercato diventa un problema senza soluzione. E a questo punto le soluzioni sono solo due: 1) si torna indietro e si lascia libero il mercato, ma così facendo tutti gli investimenti nell'elettrico delle case costruttrici dove vanno a finire? 2) si obbligano i consumatori a comprare elettrico o andare in bicicletta e vedrete che questa sarà la soluzione (non é difficile: basta far aumentare piano piano le accise sui carburanti fossili fino a livelli insostenibili). A questo proposito ricordo la proposta di legge europea di obbligare le flotte aziendali ad essere elettriche, che è già un primo passo verso la costrizione totale.
Io (purtroppo) non ho l'ottimismo di Vurt che pronistica la fine delle auto elettriche, perché penso che in un modo o nell'altro ci saremo costretti