Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio - 2.9 v6 510cv - MT6 - Rosso Alfa - 2016 - mi

Mantova e dintorni?
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Anche.
Le mie origini sono da Quingentole parte di mia madre e Serravalle a Po da parte di mio padre...
Io vivo nella Motor Walley..15 Km da Lamborghini e 20 Km da Maserati Corse ( dove e' nato il progetto "Giorgio" ma sopratutto la QV..
Ciao
 
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Reactions: VURT e Cristian. S
Anche.
Le mie origini sono da Quingentole parte di mia madre e Serravalle a Po da parte di mio padre...
Io vivo nella Motor Walley..15 Km da Lamborghini e 20 Km da Maserati Corse ( dove e' nato il progetto "Giorgio" ma sopratutto la QV..
Ciao
Questo weekend mi organizzo!
 
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Reactions: Jack Ryan
Poco tempo fa mi è capitata una cosa strana.
Ero andato a mangiare una buona bistecca nel solito ristorante e, lo ammetto, avevo bevuto una birra e un amaro. Ma non ero ubriaco e neppure "su di giri". Eppure, appena uscito nell'aria fresca dell'imbrunire, mi sono sentito strano, mi ha preso come una vertigine.
Allora ho cercato il muretto sul quale spesso aspettavo che il ristorante aprisse, visto che ceno con le galline, per sedermici qualche minuto. "Maledetti beta bloccanti!" ho pensato.
Ma c’era già seduto un uomo sulla sessantina che fumava un toscanello. Stavo per tornare alla 500 quando, mentre mi allontanavo, mi ha chiesto ad alta voce: "la dà fastidio il fumo?". "No...no…" ho risposto e per non sembrare che lo evitassi sono tornato indietro e mi ci sono seduto vicino.

Saremo stati in silenzio per qualche minuto, io a guardare nel vuoto o il cellulare, lui a fumare.
La vertigine era passata. Poi ha spento il sigaro e mi ha chiesto: "non è venuto con la solita macchina...". "no..." ho risposto e prima che potessi togliermi l'espressione di sorpresa e sospetto dalla faccia ha concluso: "peccato...".
"Allora lei abita qui vicino per vedermi così spesso“ ho abbozzato. E lui "si, non lontano".
"Le piace la Giulia?" "Oh si, molto, mi piacerebbe anche provarla...Non ne ho mai guidata nessuna di queste...". Ma prima che trovassi una scusa per dirgli di no senza sembrare maleducato ha aggiunto "Ma tanto non potrei, non guido più da tanto". "Però mi racconti di come va, del motore, come tiene in curva, che velocità fa. Il 6 cilindri l'ho sentito cantare ma darei l'anima per portarla al massimo ed oltre...".
Abbiamo scambiato quattro parole un po’ su tutto e poi gli ho chiesto: “ma lei ha mai guidato un’Alfa Romeo?” “Si, qualcuna di quelle vecchie, ho guidato anche le Audi…Poi ho perso i miei figli ed è finito tutto”.
Mi ha preso di sorpresa, non sapevo più cosa dire, ho abbassato gli occhi. Allora mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto con gli occhi velati “dia retta a un vecchio, tutto passa, tutto sfuma, anche il dolore. Ma la passione resta. Per questo sono sopravvissuto ai miei figli, per questo quando ho visto la sua rossa ho sognato per un po’ di poterla guidare, mi scusi…”..
Ormai facevo fatica a vederlo bene nel buio che intanto era calato. Un po’ per imbarazzo e un po’ per pudore del dolore altrui ho smesso di chiacchierare e dopo qualche minuto ci siamo salutati. ”Mi troverà quando verrà con l’altra, l’Alfa Romeo!” Mi ha detto mentre mi allontanavo col buio ormai fitto.

Sono tornato al ristorante dopo una settimana. Non c’era. Ho mangiato la solita bistecca, bevuto la birra e l’amaro e sono uscito.
Mi aspettava in piedi vicino alla Giulia. ”Buonasera! Me la fa vedere un po’?”. ”Buonasera!” Gli ho risposto, “felice di rivederla” Non potevo rifiutare, ho aperto il cofano, gli ho raccontato dell’albero in carbonio, ha guardato tutto, gli scarichi, il cambio, il cruscotto, ha provato i sedili “un po’ troppo morbidi per i miei gusti, questi non fanno venire le vesciche al sedere!” ha sentenziato con l’aria del gatto che ha mangiato il topo.
Fino a che mi ha fatto la domanda che non avrei voluto sentire: “me la fa guidare?”. ”ma scusi, mi ha detto che non guida più da tanto…”
”E cosa vuol dire, non si dimentica più…”
Forse stavolta era davvero la birra a parlare. Gli ho detto di si…
Si è accomodato al posto di guida, ha alzato tutto il sedile, mi ha chiesto “come si accende?”. L’ho messa in moto io e mi sono messo la cintura ben stretta. ”La metta anche lei!” L’ho pregato. “Mai usata…” mi ha risposto e, prima che gli rispondessi qualcosa, è partito…

Sembrava un indemoniato: finestrini aperti, cambiate al limite, gomme fumanti, curve assassine, pennellate, un crescendo di emozioni, paura, il cuore in gola, ammirazione, il cervello a gridarmi “fermalo!”. Ma il cuore diceva NO!
Non so per quanto tempo abbiamo sfidato le leggi della fisica, il motore urlava, la luna brillava. Per un momento ha spento anche i fari, con un gemito. Ma stranamente non avevo più paura.
Finalmente ha rallentato. Gli occhi gli brillavano, sembrava quasi avesse sul viso la polvere della strada. Sotto quella luce irreale…
”Questa macchina ha uno spirito vivo!” ha esclamato nel vento che entrava dai finestrini “l’ho già vissuto in altre…La tenga per sempre, è la testimone di qualcosa che al mondo non piace più”.
Si è fermato, abbiamo cambiato posto, in silenzio. Per la prima volta ho realizzato quanto fosse piccolo. Mi ha indicato la strada di casa e l’ho accompagnato. ”Magari un giorno le insegno a guidare!” mi ha detto. Abbiamo riso. E finalmente mi ha detto “abito qui, in via Cremona al 40. Ma faccio due passi”.
Siamo scesi, l’ho salutato e gli ho detto: “non so neanche il suo nome”. Mi ha risposto: “ma io so il suo, lavora in Ospedale. Il mio nome lo trova di fronte alla Cappelletta”. E con un sorriso, prima che potessi dire altro, mi ha stretto la mano e si è incamminato girandosi a dirmi: “guidi sempre auto che le diano emozioni, la passione vince persino la morte…”
E nella luce fioca mi è sembrato persino che svanisse pian piano.

Sono andato il giorno dopo davanti alla cappelletta morendo dalla curiosità di capire chi fosse, un primario in pensione, un benefattore, non so.
Ho girato dieci minuti ma ho trovato solo una targa. E mi è venuta la pelle d’oca. Diceva: “In memoria di Giorgio e Alberto, figli di Tazio Nuvolari, grazie al loro lascito quest’opera ospedaliera è stata completata”

Adesso lo cerco tutte le volte che guido la Giulia. Ma credo, spero, che stia riposando finalmente in pace.
Ma lo rivedrò la prossima volta che la passione ci farà ancora incontrare, sono sicuro.
 
Mi hai fatto scendere due lacrimoni.
Grazie!
 
MPP questa volta ti sei superato, alla fine avevo gli occhi umidi...

bisognerebbe raccogliere da qualche parte tutti i tuoi post in questo stile in questa discussione e conservarli
 
Poco tempo fa mi è capitata una cosa strana.
Ero andato a mangiare una buona bistecca nel solito ristorante e, lo ammetto, avevo bevuto una birra e un amaro. Ma non ero ubriaco e neppure "su di giri". Eppure, appena uscito nell'aria fresca dell'imbrunire, mi sono sentito strano, mi ha preso come una vertigine.
Allora ho cercato il muretto sul quale spesso aspettavo che il ristorante aprisse, visto che ceno con le galline, per sedermici qualche minuto. "Maledetti beta bloccanti!" ho pensato.
Ma c’era già seduto un uomo sulla sessantina che fumava un toscanello. Stavo per tornare alla 500 quando, mentre mi allontanavo, mi ha chiesto ad alta voce: "la dà fastidio il fumo?". "No...no…" ho risposto e per non sembrare che lo evitassi sono tornato indietro e mi ci sono seduto vicino.

Saremo stati in silenzio per qualche minuto, io a guardare nel vuoto o il cellulare, lui a fumare.
La vertigine era passata. Poi ha spento il sigaro e mi ha chiesto: "non è venuto con la solita macchina...". "no..." ho risposto e prima che potessi togliermi l'espressione di sorpresa e sospetto dalla faccia ha concluso: "peccato...".
"Allora lei abita qui vicino per vedermi così spesso“ ho abbozzato. E lui "si, non lontano".
"Le piace la Giulia?" "Oh si, molto, mi piacerebbe anche provarla...Non ne ho mai guidata nessuna di queste...". Ma prima che trovassi una scusa per dirgli di no senza sembrare maleducato ha aggiunto "Ma tanto non potrei, non guido più da tanto". "Però mi racconti di come va, del motore, come tiene in curva, che velocità fa. Il 6 cilindri l'ho sentito cantare ma darei l'anima per portarla al massimo ed oltre...".
Abbiamo scambiato quattro parole un po’ su tutto e poi gli ho chiesto: “ma lei ha mai guidato un’Alfa Romeo?” “Si, qualcuna di quelle vecchie, ho guidato anche le Audi…Poi ho perso i miei figli ed è finito tutto”.
Mi ha preso di sorpresa, non sapevo più cosa dire, ho abbassato gli occhi. Allora mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto con gli occhi velati “dia retta a un vecchio, tutto passa, tutto sfuma, anche il dolore. Ma la passione resta. Per questo sono sopravvissuto ai miei figli, per questo quando ho visto la sua rossa ho sognato per un po’ di poterla guidare, mi scusi…”..
Ormai facevo fatica a vederlo bene nel buio che intanto era calato. Un po’ per imbarazzo e un po’ per pudore del dolore altrui ho smesso di chiacchierare e dopo qualche minuto ci siamo salutati. ”Mi troverà quando verrà con l’altra, l’Alfa Romeo!” Mi ha detto mentre mi allontanavo col buio ormai fitto.

Sono tornato al ristorante dopo una settimana. Non c’era. Ho mangiato la solita bistecca, bevuto la birra e l’amaro e sono uscito.
Mi aspettava in piedi vicino alla Giulia. ”Buonasera! Me la fa vedere un po’?”. ”Buonasera!” Gli ho risposto, “felice di rivederla” Non potevo rifiutare, ho aperto il cofano, gli ho raccontato dell’albero in carbonio, ha guardato tutto, gli scarichi, il cambio, il cruscotto, ha provato i sedili “un po’ troppo morbidi per i miei gusti, questi non fanno venire le vesciche al sedere!” ha sentenziato con l’aria del gatto che ha mangiato il topo.
Fino a che mi ha fatto la domanda che non avrei voluto sentire: “me la fa guidare?”. ”ma scusi, mi ha detto che non guida più da tanto…”
”E cosa vuol dire, non si dimentica più…”
Forse stavolta era davvero la birra a parlare. Gli ho detto di si…
Si è accomodato al posto di guida, ha alzato tutto il sedile, mi ha chiesto “come si accende?”. L’ho messa in moto io e mi sono messo la cintura ben stretta. ”La metta anche lei!” L’ho pregato. “Mai usata…” mi ha risposto e, prima che gli rispondessi qualcosa, è partito…

Sembrava un indemoniato: finestrini aperti, cambiate al limite, gomme fumanti, curve assassine, pennellate, un crescendo di emozioni, paura, il cuore in gola, ammirazione, il cervello a gridarmi “fermalo!”. Ma il cuore diceva NO!
Non so per quanto tempo abbiamo sfidato le leggi della fisica, il motore urlava, la luna brillava. Per un momento ha spento anche i fari, con un gemito. Ma stranamente non avevo più paura.
Finalmente ha rallentato. Gli occhi gli brillavano, sembrava quasi avesse sul viso la polvere della strada. Sotto quella luce irreale…
”Questa macchina ha uno spirito vivo!” ha esclamato nel vento che entrava dai finestrini “l’ho già vissuto in altre…La tenga per sempre, è la testimone di qualcosa che al mondo non piace più”.
Si è fermato, abbiamo cambiato posto, in silenzio. Per la prima volta ho realizzato quanto fosse piccolo. Mi ha indicato la strada di casa e l’ho accompagnato. ”Magari un giorno le insegno a guidare!” mi ha detto. Abbiamo riso. E finalmente mi ha detto “abito qui, in via Cremona al 40. Ma faccio due passi”.
Siamo scesi, l’ho salutato e gli ho detto: “non so neanche il suo nome”. Mi ha risposto: “ma io so il suo, lavora in Ospedale. Il mio nome lo trova di fronte alla Cappelletta”. E con un sorriso, prima che potessi dire altro, mi ha stretto la mano e si è incamminato girandosi a dirmi: “guidi sempre auto che le diano emozioni, la passione vince persino la morte…”
E nella luce fioca mi è sembrato persino che svanisse pian piano.

Sono andato il giorno dopo davanti alla cappelletta morendo dalla curiosità di capire chi fosse, un primario in pensione, un benefattore, non so.
Ho girato dieci minuti ma ho trovato solo una targa. E mi è venuta la pelle d’oca. Diceva: “In memoria di Giorgio e Alberto, figli di Tazio Nuvolari, grazie al loro lascito quest’opera ospedaliera è stata completata”

Adesso lo cerco tutte le volte che guido la Giulia. Ma credo, spero, che stia riposando finalmente in pace.
Ma lo rivedrò la prossima volta che la passione ci farà ancora incontrare, sono sicuro.
Ispirati dal tuo post, me li immagino in Stellantis il buon Tavares, Imparato &C tutti attorno ad un tavolo insieme ad un medium assoldato per rievocare lo spirito di colui che fu definito da Ferdinand Porsche "il più grande pilota del passato, del presente e del futuro", e cercare di convincerlo a tutti i costi a ripetere quanto detto in onore alla tua Giulia Q riferendosi però alla neonata Junior....
 
Ispirati dal tuo post, me li immagino in Stellantis il buon Tavares, Imparato &C tutti attorno ad un tavolo insieme ad un medium assoldato per rievocare lo spirito di colui che fu definito da Ferdinand Porsche "il più grande pilota del passato, del presente e del futuro", e cercare di convincerlo a tutti i costi a ripetere quanto detto in onore alla tua Giulia Q riferendosi però alla neonata Junior....
Come al solito non dico che la Q sia LA Giulia e nemmeno che sia l’Alfa Romeo Prototipo Archetipo.
Ma qualcosa del marchio va salvato, santoddio!
 
Poco tempo fa mi è capitata una cosa strana.
Ero andato a mangiare una buona bistecca nel solito ristorante e, lo ammetto, avevo bevuto una birra e un amaro. Ma non ero ubriaco e neppure "su di giri". Eppure, appena uscito nell'aria fresca dell'imbrunire, mi sono sentito strano, mi ha preso come una vertigine.
Allora ho cercato il muretto sul quale spesso aspettavo che il ristorante aprisse, visto che ceno con le galline, per sedermici qualche minuto. "Maledetti beta bloccanti!" ho pensato.
Ma c’era già seduto un uomo sulla sessantina che fumava un toscanello. Stavo per tornare alla 500 quando, mentre mi allontanavo, mi ha chiesto ad alta voce: "la dà fastidio il fumo?". "No...no…" ho risposto e per non sembrare che lo evitassi sono tornato indietro e mi ci sono seduto vicino.

Saremo stati in silenzio per qualche minuto, io a guardare nel vuoto o il cellulare, lui a fumare.
La vertigine era passata. Poi ha spento il sigaro e mi ha chiesto: "non è venuto con la solita macchina...". "no..." ho risposto e prima che potessi togliermi l'espressione di sorpresa e sospetto dalla faccia ha concluso: "peccato...".
"Allora lei abita qui vicino per vedermi così spesso“ ho abbozzato. E lui "si, non lontano".
"Le piace la Giulia?" "Oh si, molto, mi piacerebbe anche provarla...Non ne ho mai guidata nessuna di queste...". Ma prima che trovassi una scusa per dirgli di no senza sembrare maleducato ha aggiunto "Ma tanto non potrei, non guido più da tanto". "Però mi racconti di come va, del motore, come tiene in curva, che velocità fa. Il 6 cilindri l'ho sentito cantare ma darei l'anima per portarla al massimo ed oltre...".
Abbiamo scambiato quattro parole un po’ su tutto e poi gli ho chiesto: “ma lei ha mai guidato un’Alfa Romeo?” “Si, qualcuna di quelle vecchie, ho guidato anche le Audi…Poi ho perso i miei figli ed è finito tutto”.
Mi ha preso di sorpresa, non sapevo più cosa dire, ho abbassato gli occhi. Allora mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto con gli occhi velati “dia retta a un vecchio, tutto passa, tutto sfuma, anche il dolore. Ma la passione resta. Per questo sono sopravvissuto ai miei figli, per questo quando ho visto la sua rossa ho sognato per un po’ di poterla guidare, mi scusi…”..
Ormai facevo fatica a vederlo bene nel buio che intanto era calato. Un po’ per imbarazzo e un po’ per pudore del dolore altrui ho smesso di chiacchierare e dopo qualche minuto ci siamo salutati. ”Mi troverà quando verrà con l’altra, l’Alfa Romeo!” Mi ha detto mentre mi allontanavo col buio ormai fitto.

Sono tornato al ristorante dopo una settimana. Non c’era. Ho mangiato la solita bistecca, bevuto la birra e l’amaro e sono uscito.
Mi aspettava in piedi vicino alla Giulia. ”Buonasera! Me la fa vedere un po’?”. ”Buonasera!” Gli ho risposto, “felice di rivederla” Non potevo rifiutare, ho aperto il cofano, gli ho raccontato dell’albero in carbonio, ha guardato tutto, gli scarichi, il cambio, il cruscotto, ha provato i sedili “un po’ troppo morbidi per i miei gusti, questi non fanno venire le vesciche al sedere!” ha sentenziato con l’aria del gatto che ha mangiato il topo.
Fino a che mi ha fatto la domanda che non avrei voluto sentire: “me la fa guidare?”. ”ma scusi, mi ha detto che non guida più da tanto…”
”E cosa vuol dire, non si dimentica più…”
Forse stavolta era davvero la birra a parlare. Gli ho detto di si…
Si è accomodato al posto di guida, ha alzato tutto il sedile, mi ha chiesto “come si accende?”. L’ho messa in moto io e mi sono messo la cintura ben stretta. ”La metta anche lei!” L’ho pregato. “Mai usata…” mi ha risposto e, prima che gli rispondessi qualcosa, è partito…

Sembrava un indemoniato: finestrini aperti, cambiate al limite, gomme fumanti, curve assassine, pennellate, un crescendo di emozioni, paura, il cuore in gola, ammirazione, il cervello a gridarmi “fermalo!”. Ma il cuore diceva NO!
Non so per quanto tempo abbiamo sfidato le leggi della fisica, il motore urlava, la luna brillava. Per un momento ha spento anche i fari, con un gemito. Ma stranamente non avevo più paura.
Finalmente ha rallentato. Gli occhi gli brillavano, sembrava quasi avesse sul viso la polvere della strada. Sotto quella luce irreale…
”Questa macchina ha uno spirito vivo!” ha esclamato nel vento che entrava dai finestrini “l’ho già vissuto in altre…La tenga per sempre, è la testimone di qualcosa che al mondo non piace più”.
Si è fermato, abbiamo cambiato posto, in silenzio. Per la prima volta ho realizzato quanto fosse piccolo. Mi ha indicato la strada di casa e l’ho accompagnato. ”Magari un giorno le insegno a guidare!” mi ha detto. Abbiamo riso. E finalmente mi ha detto “abito qui, in via Cremona al 40. Ma faccio due passi”.
Siamo scesi, l’ho salutato e gli ho detto: “non so neanche il suo nome”. Mi ha risposto: “ma io so il suo, lavora in Ospedale. Il mio nome lo trova di fronte alla Cappelletta”. E con un sorriso, prima che potessi dire altro, mi ha stretto la mano e si è incamminato girandosi a dirmi: “guidi sempre auto che le diano emozioni, la passione vince persino la morte…”
E nella luce fioca mi è sembrato persino che svanisse pian piano.

Sono andato il giorno dopo davanti alla cappelletta morendo dalla curiosità di capire chi fosse, un primario in pensione, un benefattore, non so.
Ho girato dieci minuti ma ho trovato solo una targa. E mi è venuta la pelle d’oca. Diceva: “In memoria di Giorgio e Alberto, figli di Tazio Nuvolari, grazie al loro lascito quest’opera ospedaliera è stata completata”

Adesso lo cerco tutte le volte che guido la Giulia. Ma credo, spero, che stia riposando finalmente in pace.
Ma lo rivedrò la prossima volta che la passione ci farà ancora incontrare, sono sicuro.
Quanto mi mancavano questi post...
Bentornato!
 
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Reactions: Cristian. S e MP55
Che fortuna sfacciata Doc, sui muretti dove vivo io puoi trovarci giusto dei ragazzini che tentano di rubare la wi-fi...la mia Giulia al massimo l'ha provata mio cognato, altro che Nuvolari...certo non sarà una QV, ma almeno un Alboreto me lo sarei aspettato🤣🤣🤣
 
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Che fortuna sfacciata Doc, sui muretti dove vivo io puoi trovarci giusto dei ragazzini che tentano di rubare la wi-fi...la mia Giulia al massimo l'ha provata mio cognato, altro che Nuvolari...certo non sarà una QV, ma almeno un Alboreto me lo sarei aspettato🤣🤣🤣
Alboreto lo vedevo davvero quando veniva a prendere la figlia a scuola a Noverasco d’Opera. Era compagna di classe dei miei figli…
Non abbiamo mai scambiato una parola. Però.
Adesso…chissà…
😞