Tanto che non la guidavo come Dio comanda, ma oggi l'ho rifatto.
Non l'autostrada tedesca, lì vai dritto assuefacendoti alla velocità fino a diventare insensibile, non le Dolomiti, lì inizi una danza dove tenere il tempo è godimento puro che ti ubriaca e ti stordisce...
No, statali su statali su statali nella umidiccia e grigia pianura padana.
Senza fretta, nei limiti, sornione.
Sempre attento, rilassato, fluido.
Ma poi arriva il camion, arriva il trattore.
Lo vedi dalla coda di auto scalate a destra e a sinistra che non sanno cosa fare, se sorpassare (ma ce ne sono troppe) o tirare moccoli e continuare lo zig zag (neanche scaldassero le gomme).
E tu ti accodi, dritto.
Guardi lontano, dietro la curva a due chilometri più avanti, rivedi a memoria gli autovelox, le piazzole dove potresti trovare auto bianche e blu o con lo stemma del comune. Aspetti, tutti sembrano ipnotizzati dal serpente. E aspetti. Aspetti ancora. Poi...
Scalata, occhio agli specchietti, scarichi aperti, entri nella testa di tutti quelli che ti stanno davanti che non osino uscire in sorpasso. E schiacci...
Le gomme invernali si deformano, ti parte il posteriore ma lo tieni, acceleri ancora come su asfalto morbido, senti le oscillazioni col sedere mentre tutto quanto sta alla tua destra sfila via sfuocato e sempre più veloce. Madonna, l'accelerazione non finisce mai, arrivi alle fasce gialle che si congiungono, cambi marcia e sgommi in quarta...
Ma sei fuori.
Rallenti, la coda è un ricordo, ancora un paio di marce in su senza accelerare giusto per zittire il ruggito. Poi rallenti, riprendi fiato e ritorni a guardare la campagna, gli aironi, le cascine lontane. Appoggi la mano destra sul pomello della radio e la riaccendi, la riporti in D e ricominci a guardare lontano.
In cerca di un'altra coda, un altro camion, un altro trattore...