Riguardo al paragone tra Giulietta 1.6 (penalizzata nel confronto rispetto a una 2.0 carburatori, ma con praticamente lo stesso motore delle prime 75 1.6 a carburatori), e 75 T.S. 2.0 la prima consumava di più, a parità di passo: cioè 6÷7 Km/l in uso urbano e 9÷10 extraurbano (secondo Quattroruote delle Giulietta la 1.8 consumava meno di tutte e la 2.0 circa come al 1.6, la 1.3 beveva più di tutte: motore troppo piccolo per la carrozzeria). Il vuoto di carburazione della Giulietta, sui 3000 giri/min, non dava troppo fastidio fastidio da nuova quando il limite di velocità su strade extraurbane era 110 Km/h e stava sopra ai 3000 giri/min (ed in autostrada era 140 Km/h, cui corrispondeva il regime di coppia massima, massimo rendimento), ma era diventato fastidiosissimo quando i limiti scesero a 90 Km/h ed in 5^ il motore cascava proprio lì, bastava un leggero rallentamento che si doveva scalare per riprendere e tornare a quasi 90 (che ai suoi tempi era il limite per la auto fino a 899 cm3). E in montagna nelle marce basse se si stava di regime sotto il vuoto non c'era abbastanza coppia per salire, stando sopra la guida era nervosa.
La revisione era solo ogni 10 anni: oggi dover ogni 2 anni fare la carburazione da revisione e subito dopo quella da uso quotidiano sarebbe seccante, con la 75 T.S. ho sempre passato la revisione biennale con la solita carburazione di tutti i giorni. Alla metà degli anni '90 già non trovavo più carburatoristi che sapessero fare la carburazione come si deve alla Giulietta. E fino a 20 anni fa il clima era temperato, circolazione prevalente di origine atlantica con venti da est a ovest. Le ondate di caldo africano da sud di solito non risalivano la penisola e duravano mai più di un paio di giorni, così come il freddo artico si fermava di solito sopra le Alpi e anche se scendeva durava pochissimi giorni: temperature che quasi mai andavano oltre i 30°c e sotto 0°C. Il carburatore non sopporta grosse variazioni di densità dell'aria. Su un vecchio manuale di una moto anni '50 già allora era prevista una carburazione estiva (con getto del massimo più piccolo) ed una invernale (con getto un po' più grande) e diversa apertura della vite del minimo.
Tornando alla farfalla singola insiem all'inizione, Alfa ci provò con successo. Negli anni '80 sulle Alfette fu sperimentato il C.E.M., avanzatissimo per l'epoca, con 1 farfalla per cilindro, che nei prototipi, quando serviva, anche spengeva la metà dei cilindri per risparmiare (oggi è l'ultimo vanto di molte auto straniere da poco in produzione). Il CEM fu monatato, ma senza modularità, su una serie di Alfette, e infine sulle Alfa 90 6V 2.0 i.e. (con 6 farfalle!), vendute praticamente solo in Italia (all'estero serviva il catalizzatore, la sonda lambda, brevetto Bosch e quindi andavano le versioni col Bosch Motronic). A chi interessa ci sono delle discussioni sul forum sul C.E.M.
Un pregio del Motronic c'è: è stato così diffuso che molti oggi continuano a saperci metter le mani e fino a pochi anni fa si trovavano tutti i ricambi (Bosch dava anche quelli non più forniti da Alfa).
Del resto in era pre-elettronica, negli anni '70 Alfa usava sulla Montreal e sui 4 cilindri per gli USA l'iniezione meccanica Spica, cioè le soluzioni sofisticate erano "fatte in casa" o con i fornitori di equipaggiamenti che facevano parte dello stesso gruppo, tutto vero Made in Italy.