Buongiorno a tutti gli appassionati dell’Alfa Romeo GTV V6, desidero raccontare la mia insoddisfacente esperienza con il 2.0 Turbo.
Nel novembre 2009 comprai presso un rivenditore di auto usate in Piemonte la mia prima GTV V6, un 2.0TB I serie del 1996. L’abbinamento dei colori era splendido, elegante, semplicemente perfetto: grigio medio e interni in pelle Momo beige, il migliore mai proposto a mio parere. La carrozzeria esterna era pressoché immacolata, così come i sedili, quasi pari al nuovo compresa la famigerata e rivelatrice spalla sinistra del posto di guida.
Pur avendo avuto ben quattro proprietari, la macchina aveva percorso soltanto 74.000 Km in 13 anni, e fu la percorrenza così bassa a convincermi definitivamente all’acquisto, tanto più alla luce del prezzo davvero conveniente, appena 3.500 Euro. Era talmente bella che valeva senz’altro la pena di spenderci sopra, non solo per cambiare la cinghia di distribuzione e la pompa dell’acqua ma anche per rifare le sospensioni, completamente sedute, naturalmente i freni, la frizione, mezza bruciata, la batteria, la bobina, rifare l’intero scarico che era del tutto marcio, cambiare gli pneumatici, che erano di una sconosciuta marca cinese e per di più lisci, con i Michelin Pilot specifici per quel modello, e ripristinare diverse parti della carrozzeria, a cominciare dai pannelli delle porte che erano stati sfondati per montare un impianto stereo da maniaci del tuning. Inoltre dovetti riportare allo stato originale il paraurti anteriore e vari inserti, che erano stati alterati con placchette in fibra di carbonio, e sostituire il costoso pomello del cambio, totalmente consumato. È vero che la macchina era priva di qualunque documento che attestasse gli interventi di manutenzione programmata e non, e che il libretto tagliandi presentava un unico timbro apposto per il primo controllo dopo 2.000 km, ma il rivenditore mi aveva garantito a parole che almeno gli ultimi due proprietari avevano fatto seguire regolarmente la macchina dal loro meccanico di fiducia. Quanto al secondo di loro, al momento del passaggio di proprietà mi giustificò la presenza sotto i sedili di una tanica d’olio da 5 litri vuota – che mi dispiacque essere di chissà quale lubrificante da discount privo di marca: ricordo che recava solo la scritta “olio per motori a benzina” – informandomi che il motore V6 turbo, com’era normale a suo dire, necessitava per sua natura di frequenti rabbocchi.
Durante il ripristino a regola d’arte, effettuato lungo un intero anno e con tanta tanta passione, cercando i ricambi originali in mezza Europa dal Regno Unito alla Germania alla Spagna – e che per inciso mi costò diverse migliaia di Euro, circa il doppio del prezzo d’acquisto – il carrozziere si accorse che uno dei precedenti proprietari, mi piacerebbe sapere per quale ragione, aveva segato i montanti della scocca, il che avrebbe potuto creare seri problemi alla tenuta della scatola di sicurezza in caso di ribaltamento; ma tant’è, ho sempre guidato con prudenza. Non fu invece possibile aggiustare la chiusura della guantiera, che purtroppo l’ultimo proprietario mi confessò aver divelto con un pugno in un accesso d’ira. Un'altra inspiegabile stranezza che saltò fuori fu che i rivestimenti di plastica sui fianchi dei sedili posteriori erano entrambi spaccati in corrispondenza degli attacchi delle cinture anteriori.
Nel parlare con gli altri precedenti proprietari, appresi poi dal secondo che la centralina era stata considerevolmente rimappata portando la potenza a 230/240 CV, sicché mi toccò contattare il preparatore per riavere la mappatura originale, dato che quella la modifica, mi dissero in officina, avrebbe rischiato a lungo andare di mettere in sofferenza il turbocompressore. Forse scoprii anche il motivo del consumo d’olio, dato che presso uno dei bulloni di sostegno del motore era visibile un trafilamento che ungeva continuamente buona parte della sottoscocca e che con il meccanico si cercò di tappare alla meglio.
Fatto tutto ciò, ed effettuata la doverosa omologazione presso il RIAR, non riuscii però mai ad usare la mia bellissima GTV con regolarità, peregrinando da un’officina all’altra, finché nel luglio del 2013 essa mi lasciò per strada sotto un’enorme nuvola di fumo lungo la salita che dalla stazione va verso il centro storico di Perugia. Perdute ormai le speranze, decisi all’istante di rivenderla come veicolo non marciante per soli 400 Euro allo stesso carro attrezzi che intervenne per rimuoverla.
In realtà, indipendentemente dal triste epilogo non fui mai in grado di risolvere due problemi in particolare ed è su questi che, anche a distanza di tanto tempo, sarei grato a chi volesse darmi delle spiegazioni.
Il primo riguardava lo sterzo. D’accordo che la prima serie della GTV 916 lo aveva un po’ leggero e che nella seconda serie esso fu irrigidito, ma quello del 2.0 V6 Turbo era davvero troppo traballino: in velocità era difficilissimo riuscire a tenere la macchina dritta e poi, soprattutto, l’area centrale presentava un’intollerabile zona morta, che non avevo riscontrato nemmeno a 18 anni sulla Innocenti degli anni settanta di mio padre. Anche in rettilineo ero costretto ad effettuare continue correzioni, mi sembrava di essere l’attore Jean Gabin durante le scene di inseguimento nei film francesi del dopoguerra!!!
Il secondo problema riguardava il fissaggio del blocco motore. Quando si premeva l’acceleratore, lo si sentiva spostarsi vistosamente con un sonoro “glonk”: insomma, era già maledettamente allentato al banco. Ora io dico: va bene “donne e motori…”, ma maledizione, è possibile che dopo neppure 75.000 Km di percorrenza quel benedetto V6 Busso sovralimentato fosse già così spompato, così come le altre parti meccaniche – ammortizzatori, frizione, ecc. – così stanche? È possibile che a un motore da 201 CV fosse abbinato uno sterzo così approssimativo? Ed è mai possibile che consumasse tutto quell’olio!?! A mio modesto parere quel motore sarà pure stato una bomba, ma se aveva una durata e un’affidabilità così breve mi verrebbe da dire, per cortesia non vi arrabbiate, che era anche un mezzo bidone…
Ringrazio tutti per la pazienza.
Nel novembre 2009 comprai presso un rivenditore di auto usate in Piemonte la mia prima GTV V6, un 2.0TB I serie del 1996. L’abbinamento dei colori era splendido, elegante, semplicemente perfetto: grigio medio e interni in pelle Momo beige, il migliore mai proposto a mio parere. La carrozzeria esterna era pressoché immacolata, così come i sedili, quasi pari al nuovo compresa la famigerata e rivelatrice spalla sinistra del posto di guida.
Pur avendo avuto ben quattro proprietari, la macchina aveva percorso soltanto 74.000 Km in 13 anni, e fu la percorrenza così bassa a convincermi definitivamente all’acquisto, tanto più alla luce del prezzo davvero conveniente, appena 3.500 Euro. Era talmente bella che valeva senz’altro la pena di spenderci sopra, non solo per cambiare la cinghia di distribuzione e la pompa dell’acqua ma anche per rifare le sospensioni, completamente sedute, naturalmente i freni, la frizione, mezza bruciata, la batteria, la bobina, rifare l’intero scarico che era del tutto marcio, cambiare gli pneumatici, che erano di una sconosciuta marca cinese e per di più lisci, con i Michelin Pilot specifici per quel modello, e ripristinare diverse parti della carrozzeria, a cominciare dai pannelli delle porte che erano stati sfondati per montare un impianto stereo da maniaci del tuning. Inoltre dovetti riportare allo stato originale il paraurti anteriore e vari inserti, che erano stati alterati con placchette in fibra di carbonio, e sostituire il costoso pomello del cambio, totalmente consumato. È vero che la macchina era priva di qualunque documento che attestasse gli interventi di manutenzione programmata e non, e che il libretto tagliandi presentava un unico timbro apposto per il primo controllo dopo 2.000 km, ma il rivenditore mi aveva garantito a parole che almeno gli ultimi due proprietari avevano fatto seguire regolarmente la macchina dal loro meccanico di fiducia. Quanto al secondo di loro, al momento del passaggio di proprietà mi giustificò la presenza sotto i sedili di una tanica d’olio da 5 litri vuota – che mi dispiacque essere di chissà quale lubrificante da discount privo di marca: ricordo che recava solo la scritta “olio per motori a benzina” – informandomi che il motore V6 turbo, com’era normale a suo dire, necessitava per sua natura di frequenti rabbocchi.
Durante il ripristino a regola d’arte, effettuato lungo un intero anno e con tanta tanta passione, cercando i ricambi originali in mezza Europa dal Regno Unito alla Germania alla Spagna – e che per inciso mi costò diverse migliaia di Euro, circa il doppio del prezzo d’acquisto – il carrozziere si accorse che uno dei precedenti proprietari, mi piacerebbe sapere per quale ragione, aveva segato i montanti della scocca, il che avrebbe potuto creare seri problemi alla tenuta della scatola di sicurezza in caso di ribaltamento; ma tant’è, ho sempre guidato con prudenza. Non fu invece possibile aggiustare la chiusura della guantiera, che purtroppo l’ultimo proprietario mi confessò aver divelto con un pugno in un accesso d’ira. Un'altra inspiegabile stranezza che saltò fuori fu che i rivestimenti di plastica sui fianchi dei sedili posteriori erano entrambi spaccati in corrispondenza degli attacchi delle cinture anteriori.
Nel parlare con gli altri precedenti proprietari, appresi poi dal secondo che la centralina era stata considerevolmente rimappata portando la potenza a 230/240 CV, sicché mi toccò contattare il preparatore per riavere la mappatura originale, dato che quella la modifica, mi dissero in officina, avrebbe rischiato a lungo andare di mettere in sofferenza il turbocompressore. Forse scoprii anche il motivo del consumo d’olio, dato che presso uno dei bulloni di sostegno del motore era visibile un trafilamento che ungeva continuamente buona parte della sottoscocca e che con il meccanico si cercò di tappare alla meglio.
Fatto tutto ciò, ed effettuata la doverosa omologazione presso il RIAR, non riuscii però mai ad usare la mia bellissima GTV con regolarità, peregrinando da un’officina all’altra, finché nel luglio del 2013 essa mi lasciò per strada sotto un’enorme nuvola di fumo lungo la salita che dalla stazione va verso il centro storico di Perugia. Perdute ormai le speranze, decisi all’istante di rivenderla come veicolo non marciante per soli 400 Euro allo stesso carro attrezzi che intervenne per rimuoverla.
In realtà, indipendentemente dal triste epilogo non fui mai in grado di risolvere due problemi in particolare ed è su questi che, anche a distanza di tanto tempo, sarei grato a chi volesse darmi delle spiegazioni.
Il primo riguardava lo sterzo. D’accordo che la prima serie della GTV 916 lo aveva un po’ leggero e che nella seconda serie esso fu irrigidito, ma quello del 2.0 V6 Turbo era davvero troppo traballino: in velocità era difficilissimo riuscire a tenere la macchina dritta e poi, soprattutto, l’area centrale presentava un’intollerabile zona morta, che non avevo riscontrato nemmeno a 18 anni sulla Innocenti degli anni settanta di mio padre. Anche in rettilineo ero costretto ad effettuare continue correzioni, mi sembrava di essere l’attore Jean Gabin durante le scene di inseguimento nei film francesi del dopoguerra!!!
Il secondo problema riguardava il fissaggio del blocco motore. Quando si premeva l’acceleratore, lo si sentiva spostarsi vistosamente con un sonoro “glonk”: insomma, era già maledettamente allentato al banco. Ora io dico: va bene “donne e motori…”, ma maledizione, è possibile che dopo neppure 75.000 Km di percorrenza quel benedetto V6 Busso sovralimentato fosse già così spompato, così come le altre parti meccaniche – ammortizzatori, frizione, ecc. – così stanche? È possibile che a un motore da 201 CV fosse abbinato uno sterzo così approssimativo? Ed è mai possibile che consumasse tutto quell’olio!?! A mio modesto parere quel motore sarà pure stato una bomba, ma se aveva una durata e un’affidabilità così breve mi verrebbe da dire, per cortesia non vi arrabbiate, che era anche un mezzo bidone…
Ringrazio tutti per la pazienza.